venerdì 22 aprile 2011

boris - il film (voto 7)

non ho seguito la serie (cosa che mi riprometto di fare al più presto), ma boris mi è piaciuto. sarà come sparare sulla crocerossa dire quanto schifo facciano i cinepanettoni, però è giusto ricordarlo. per non finire con il catalogarli come cult movie, osannando le scorregge e le tette plastiche che fioriscono tutti gli anni intorno al 25 dicembre. e gli sceneggiatori ombra e le attrici cagne e le cagne che si fingono attrici? sarà un gran pentolone di luoghi comuni, ma come dice umberto eco: un clichè fa orrore, tanti insieme commuovono.
il pesciolino boris più che un amuleto contro le sfighe che inevitabilmente accadono sul set, sembra più un grillo (non) parlante che ci ricorda che l'etica è giusto che guidi le nostre coscenze, cosa che amaramente il film nel finale distrugge e ribalta.

giovedì 21 aprile 2011

luca & guido

Un suono lontano di archi, forse qualcuno provava a diventare de André.
Il divano aveva su uno dei braccioli una sbavatura di rossetto, il ricordo di una principessa felice; le finestre chiuse, quadri di dubbio gusto appoggiati per terra, la lampada stava in piedi per grazia e ogni tanto accusava il sonno, lanciando frammenti di buio in cui gli occhi disegnavano i profili delle cose andate, come le stelle. Un tavolo bianco al centro della stanza.
Non avendo altro da fare Guido si schiarì la voce.
"la Juve non è una grande squadra. Nel complesso potrebbe anche andare, ma manca di un regista che faccia girare la palla, un pensatore."
Luca era un tifoso sfegatato, lo toccava nel vivo quell'affermazione che ormai accompagnava la sua squadra da quando era tornata in serie A.
"ma non capisci? Siamo perfettamente democratici. Una cooperativa. Tutti servono, nessuno prende decisioni da solo. Ogni volta l'idea passa da una testa ad un altra e così arriviamo alla soluzione"
Nonostante vibrasse in lui una certa veemenza nelle parole, Luca faceva fatica a parlare. Colpa forse dell'instancabile soggezione che provava nei confronti di Guido, o della sua timidezza. Parlare con Guido gli piaceva, anzi gli piaceva il fatto che Guido parlasse con lui. Tutti quegli aneddoti, tutta la chiarezza che trovava nel risolvere quelli che per Luca erano dolori, motivo delle sue angosce.
Guido dal canto suo regalava le sue perle noncurante, svogliato, pareva che i pensieri gli passassero davanti implorando di essere svelati al mondo. Nessuno sapeva in realtà di cosa si occupasse. Era immanicato un po' in ogni parte di Torino. Con lui si evitavano le file in discoteca, si beveva gratis nei locali giusti, cosa che attirava sempre un gran numero di ragazze, assolutamente indifferenti al potere che poteva trasparire dalle riverenze dei baristi, piuttosto interessate al fascino inspiegabile che emanava quel ragazzotto sulla trentina.
Luca si era abituato a venire sempre in secondo piano in quelle occasioni. Addirittura quando camminavano gli sembrava sempre di seguirlo, non sapendo mai quale effettivamente era la direzione che intendeva prendere. Anche quando parlavano con amici comuni, Luca stava sempre mezzo passo dietro, cosa che non notava quasi mai nessuno. Tranne una volta, quando una ragazza, non particolarmente bella in verità, lo tirò a sé sorridendo e gli parlò nell'orecchio sfiorandolo di tanto in tanto con punta della lingua. Gli disse che quella notte la sua coinquilina non era in casa e che aveva tanto bisogno di compagnia. Paura del buio. Luca tergiversò e alla fine rifiutò. Diceva di essere un cacciatore, e di avere il bisogno di catturare le proprie prede. Peccato che per la caccia a Luca mancasse il fucile, l'unico motivo che l'aveva spinto a rifiutare era la brutta figura che avrebbe fatto con Guido, che invece conquistava sempre le più desiderate. Luca quella notte a casa si masturbò.
C'era stato una volta, un episodio di cui Luca andava assai fiero. Si erano dati appuntamento in piazza della repubblica, verso le dieci. Luca notò Guido contro una colonna e un piccoletto che, agitato, gli gridava in faccia. Luca avvicinandosi facendo meno rumore possibile raccolse tutte le monetine che aveva in una mano e chiuse il pugno, ma quando fu arrivato ad un paio di metri vide i due scoppiare a ridere, risa che non aveva mai visto sul viso vissuto del suo amico. Così arrivando salutò educatamente e venne presentato ad un certo Jack, vecchia conoscenza di Luca, che stava appunto raccontando della disavventura che gli era capitata qualche sera prima. Luca non disse niente riguardo all'agguato che stava per fare, ma gli riempì il corpo di sicurezza sapere che in una situazione del genere ormai non sarebbe più scappato, ma avrebbe agito.
"tu non capisci Lu" era così che lo chiamava quando si vedevano.
"la gente non ha voglia di pensare ai grandi problemi, alle tensioni internazionali. La gente vuole solo vivere in pace la loro noiosissima vita. Per questo siamo finiti nel fascismo. Tutto nelle mani di un uomo solo, e soprattutto molto deciso"
"mio nonno per un uomo solo ci ha rimesso le unghie".
Guido rise appena, lasciando intendere che la battuta era fuori luogo, perché lo distraeva dal discorso molto serio che stava facendo.
Accese una sigaretta per tutti e due. Luca la fumò senza staccarla mai dalla bocca così quando fu finita si bruciò leggermente le labbra prima di sputarla in terra.
Luca si alzò, andò a prendere la scopa che teneva accanto al frigorifero e tolse le tracce.
Avevano detto a tutti che avrebbero viaggiato per la settimana di pasqua, Luca a trovare un amica di Milano, Guido per un incontro d'affari verso Bologna. Nessuno sapeva che si trovassero in casa da ormai due giorni. Fumare infatti era un azzardo. L'aria era stantia, essendo tutto chiuso per far sembrare che non ci fosse nessuno.
Luca dopo un lungo sospiro domandò "caffè?".
Senza neanche rispondere Guido iniziò a prepararlo. Era assai tipico di Guido non rispondere alle domande che avevano risposte ovvie, cosa che Luca non era mai stato in grado di codificare. Era sempre nel dubbio di averlo offeso, o di dire cose troppo stupide perché meritassero una risposta. Guido per accendere il fuoco usò un fiammifero, orgoglioso del fatto che l'amico lo guardasse usare un modo sorpassato per una cosa semplice. Nella tavolozza del cielo iniziavano a mischiarsi colori scuri, la notte dava i primi segnali del suo arrivo.
Suonò il campanello. Luca e Guido si guardarono per un brevissimo istante, poi Guido prese uno specchietto e lo infilò rivolto verso la strada attraverso le fessure della persiana. Era un ragazzino, sui quindici anni, collo piegato in avanti per dar sollievo alle spalle cariche al di là dell'immaginabile di volantini. Solitamente i due si divertivano a gettare una bacinella d'acqua agli ospiti indesiderati, ma sta volta non si poteva rischiare.
Guido era nervoso, Luca stranamente no. Avrebbe voluto grandemente fumarsi una canna, l'avrebbe disteso. Era veramente strana quella stanza ora.
"non capisci che questo è un atto d'amore?"
"d'amore?" rispose Guido sarcastico, con un leggerissimo sogghigno.
"dai hai capito! Affetto, chiamalo come vuoi! avrei potuto chiedere ad un altro invece ho scelto te"
"sò solo che mi stò ficcando in un cazzo di delirio da cui non immagino come ne uscirò. E poi ti avevo chiesto di non parlarne più".
Passò un tram di sotto, si potevano riconoscere ad una ad una le ruote che passavano sulle giunture dei binari, tale era il silenzio che regnava.
Ogni volta che parlava, Luca tirava su la testa, ricordando il martirio di san Pietro di Caravaggio. Era stato proprio quello il motivo per cui si conobbero, a quella festa di laurea quattro anni fa almeno. In realtà nessuno dei due riconobbe la stampa che era appesa sulla parete, ma si divertirono a pensare a quanto fosse banale che una studentessa di belle arti avesse un quadro del genere in camera. Guido così iniziò a indicare tutti i modi in cui se l'era scopata, chiamandola cagna, e indicando tutti i punti della piccola stanza in cui l'avevano fatto. Luca rispose che era sua cugina, ma, forse per il vodka tonica che avevano sgorgato entrambi, forse per il tempo in cui si scambiarono le battute, questo non creò imbarazzi. Al contrario, i due si scambiarono le e-mail e due giorni dopo Luca inviò questo messaggio a Guido: "hai infangato il buon nome della mia famiglia, ti va una birra sta sera?". Divennero inseparabili. In giro iniziarono a chiamarli speck e brie, non davanti a Guido naturalmente.
Non dire niente per tutto quel tempo aveva creato un ronzio nella testa, un fischio nelle orecchie che andava taciuto.
"forse" dissero contemporaneamente.
"perchè non hai mai trovato una donna?"
"me lo chiedo spesso"
"a volte avrei voglia di gridare in mezzo alla gente per ricordargli quanto mi fanno schifo"
"non serve dirlo, lo sanno già. Tutte le mattine quando si guardano allo specchio pensano che quello che vedono sia solo la continuazione dei loro incubi, ma invece sanno"
"noi siamo diversi"
"diversi sì"
"parleranno di noi in futuro"
"si augureranno di ripetere quello che siamo"
"ci osanneranno"
"saremo amati"
Luca chiuse lentamente gli occhi. Il suo ultimo respiro sapeva ancora di caffè. I monconi che aveva al posto delle braccia avevano spruzzato l'ultimo goccio di sangue. Ne era rimasto completamente privo, come previsto. Ora Guido doveva ripulire tutto, finire la macellazione della carne rimasta, e cominciare a cenare. Rispettando la sua promessa.

quel che resta del giorno

prendete una cipolla e iniziate a spellarla. continuate fino a che non rimane niente. arriverete alla fine senza aver scoperto nulla di nuovo, ma avrete pianto.
ishiguro non sembra interessato a eventi sensazionali, accadimenti strepitosi e passioni travolgenti, il suo è un lungo percorso nell'anima, lento e impacciato a volte. accenni ricordi e ripensamenti ci guidano nella vita di un uomo costretto, costretto per sua volontà a rinunce e pose immobili, grossi rospi da ingoiare.
il maggiordomo stevens ha un quadro lucido della sua professione, ma forse non della sua vita. è giusto dedicarsi? per la paura di non essere all' altezza di prendere decisioni, cullarsi nelle scelte di altre e più "luminose" menti?
è il secondo libro che leggo di questo straordinario scrittore, i suoi testi all'apparenza immobili, ma soprattutto i personaggi rinunciatari e rassegnati ci initano a reagire prendere posizione e lottare per noi stessi